
22/05/2025
Riuso, riparazione, ricostruzione e riciclo: i pilastri dell’economia circolare
Massimo Condolo
Dai veicoli fuori uso non si ricavano solo materie prime seconde, ma anche componenti in grado di avere ancora una seconda vita, evitando così la produzione di ricambi nuovi e il relativo impatto ambientale
Riutilizzare componenti smontati da veicoli demoliti è un’opportunità per l’ambiente e l’economia: si risparmiano emissioni di anidride carbonica e (molti) soldi dell’automobilista. Nulla deve essere però lasciato al caso. Le procedure di recupero, catalogazione, esame e revisione vanno definite e applicate rigorosamente per garantire qualità e sicurezza identiche a quelle di un ricambio originale nuovo.
“In Francia”, ha spiegato Fabio Uglietti, responsabile mercati esteri di Quattroruote Professional, “è una procedura consolidata e accettata tanto dal cliente finale quanto dal mondo assicurativo”. A spingere l’adozione di questa fonte Oltralpe è stata MOBILIANS, associazione di autoriparatori fondata oltre cento anni fa. “L’attuale congiuntura economica”, ha spiegato il presidente Patrick Poincelet, “sta prolungando sensibilmente la vita dei veicoli, che ora arrivano in demolizione mediamente dopo 19,5 anni dalla costruzione”.
Dal 2009, in Francia, il ricambio da demolizione è considerato come alternativa a quello originale e a quello di qualità corrispondente. Le direttive impongono l’utilizzo minimo del 18% di ricambi usati e di utilizzare uno o l’altro a seconda dell’età del veicolo e del suo impiego; le assicurazioni presentano un doppio preventivo, uno con l’utilizzo di ricambi nuovi e uno con quelli usati; il 72 % degli automobilisti accetta quest’ultimo. “Il ricambio di seconda mano”, prosegue Poincelet, “è un essenziale tassello dell’economia circolare”. Il giro d’affari francese rappresenta in valore dal 3 al 5% del mercato, ma in termini di ricambi venditi la quota è del 9-10% circa, il che dà un’ottima idea del risparmio consentito. L’esperienza francese può funge da pilota a livello europeo. Nel business si sono calate anche due importanti gruppi come Renault e Stellantis. Katell Plunet, responsabile Economia circolare di quest’ultima, spiega i quattro pilastri della strategia aziendale: riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e ricicli, che a seconda dei casi caratterizzano la reimmissione in circolo del ricambio usato.
Protagonisti di questa filiera virtuosa sono anche i demolitori, la cui attività rischia paradossalmente di ridursi proprio per l’ingresso nel settore di Case e assicurazioni e da un vuoto normativo. “Le aziende italiane”, spiega Lorella Volpato dell’Associazione demolitori autoveicoli (ADA), “sono strutturate e spesso hanno sistemi informati di catalogazione e vendite on-line; utilizzano inoltre sistemi di stoccaggio e bonifica in grado di azzerare l’impatto ambientale e metodi di calcolo delle percentuali del riciclato molto seri, ma non riescono a raggiungere le quote stabilite dall’Ue perché in Italia mancano le normative per utilizzare il fluff, che ha un alto potere calorico, per la produzione di energia: lo scorso anno 162mila tonnellate sono state inviate in discarica (un’assurdità, in un momento di crisi energetica) e 40 mila esportate”.
“In Francia”, ha spiegato Fabio Uglietti, responsabile mercati esteri di Quattroruote Professional, “è una procedura consolidata e accettata tanto dal cliente finale quanto dal mondo assicurativo”. A spingere l’adozione di questa fonte Oltralpe è stata MOBILIANS, associazione di autoriparatori fondata oltre cento anni fa. “L’attuale congiuntura economica”, ha spiegato il presidente Patrick Poincelet, “sta prolungando sensibilmente la vita dei veicoli, che ora arrivano in demolizione mediamente dopo 19,5 anni dalla costruzione”.
Dal 2009, in Francia, il ricambio da demolizione è considerato come alternativa a quello originale e a quello di qualità corrispondente. Le direttive impongono l’utilizzo minimo del 18% di ricambi usati e di utilizzare uno o l’altro a seconda dell’età del veicolo e del suo impiego; le assicurazioni presentano un doppio preventivo, uno con l’utilizzo di ricambi nuovi e uno con quelli usati; il 72 % degli automobilisti accetta quest’ultimo. “Il ricambio di seconda mano”, prosegue Poincelet, “è un essenziale tassello dell’economia circolare”. Il giro d’affari francese rappresenta in valore dal 3 al 5% del mercato, ma in termini di ricambi venditi la quota è del 9-10% circa, il che dà un’ottima idea del risparmio consentito. L’esperienza francese può funge da pilota a livello europeo. Nel business si sono calate anche due importanti gruppi come Renault e Stellantis. Katell Plunet, responsabile Economia circolare di quest’ultima, spiega i quattro pilastri della strategia aziendale: riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e ricicli, che a seconda dei casi caratterizzano la reimmissione in circolo del ricambio usato.
Protagonisti di questa filiera virtuosa sono anche i demolitori, la cui attività rischia paradossalmente di ridursi proprio per l’ingresso nel settore di Case e assicurazioni e da un vuoto normativo. “Le aziende italiane”, spiega Lorella Volpato dell’Associazione demolitori autoveicoli (ADA), “sono strutturate e spesso hanno sistemi informati di catalogazione e vendite on-line; utilizzano inoltre sistemi di stoccaggio e bonifica in grado di azzerare l’impatto ambientale e metodi di calcolo delle percentuali del riciclato molto seri, ma non riescono a raggiungere le quote stabilite dall’Ue perché in Italia mancano le normative per utilizzare il fluff, che ha un alto potere calorico, per la produzione di energia: lo scorso anno 162mila tonnellate sono state inviate in discarica (un’assurdità, in un momento di crisi energetica) e 40 mila esportate”.




