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Gennaio 2018

Fibra di carbonio, nuove opportunità per l’automotive grazie alle nanotecnologie

di Dino Collazzo

Sensori integrati e nano-canali contenenti liquidi per la riparazione istantanea, sono alcune delle novità
su cui mondo della ricerca e aziende innovative investono tempo e risorse. Ecco le possibili applicazioni
nella componentistica auto 

Saranno più leggere, resistenti e capaci di auto-ripararsi. Il mondo dell’automotive utilizza componenti sempre più innovativi e performanti per costruire le proprie vetture. E lo fa utilizzando materiali compositi, multifunzionali e ibridi. In questo modo si producono scocca, carrozzeria, paraurti e parti del motore con rigidezza e resistenza paragonabili ai materiali tradizionali – si pensi all’acciaio – ma con un peso inferiore. Ma se questo è il presente, l’avanzamento tecnologico a cui stiamo assistendo sta portando ulteriori novità in questo campo. Un team di ricercatori dell’Università di Bologna sta lavorando alla creazione di materiali “intelligenti” la cui applicazione pratica potrebbe interessare proprio il settore della componentistica auto. “Stiamo sperimentando materiali compositi con sensori integrati capaci di segnalare rotture o anomalie e al contempo di essere in grado di auto-ripararsi”, spiega Andrea Zucchelli docente del dipartimento d’ingegneria industriale.
 
Tra i vari compositi in uso – fibra di vetro, kevlar, termoplastiche, alluminio con aggiunta di particelle – quello che desta particolare interesse, sia a livello di sperimentazione che d’applicazione pratica, è la fibra di carbonio. È su questo materiale che diverse aziende e multinazionali della componentistica – ma non solo – stanno concentrando la loro attenzione. Con l’obiettivo di renderne proficuo, sia in termini economici che di prestazioni, il suo sfruttamento. Secondo lo studio “Global carbon fiber in the automotive composites market 2017-2021” realizzato da Technavio – società specializzata in ricerche di mercato – il mercato della fibra di carbonio in ambito automotive crescerà, entro il 2021, a un Cagr (tasso di crescita annuale composto) di quasi il 10 per cento. E l’area geografica che ne trarrà maggiori profitti sarà rappresentata dall’Asia-Pacifico, seguita da America del Nord ed Europa. In futuro l’impiego della fibra di carbonio sarà sostenuto dalla crescente domanda di veicoli a basso consumo di carburante: con auto più leggere si avrà un minore dispendio di energia. Non solo, le caratteristiche di questo materiale renderanno i veicoli anche più resistenti e di conseguenza più sicuri. Unico limite, per ora, a una maggiore diffusione su larga scala – per quel che concerne il campo automotive – restano i costi ancora troppo elevati. Tanto che le case automobilistiche ne hanno circoscritto l’impiego al settore racing e ai veicoli di fascia alta e con motori elettrici.
 
 “Auto di questo tipo hanno un elevato numero di componenti realizzati con fibra di carbonio – spiega Zucchelli –. Il motivo è che questo materiale è in grado di ottimizzare il rapporto rigidezza, resistenza e peso”. Infatti, se paragonata all’acciaio o all’alluminio, la cui densità è rispettivamente di 8 mila e 2.700 chilogrammi a metro cubo, questo materiale risulta molto più leggero (1.600/1.800 kg a metro cubo). I componenti realizzati in fibra di carbonio avrebbero dunque un peso decisamente inferiore ma una rigidezza e una resistenza paragonabili all’acciaio. Esiste però una controindicazione: mentre l’acciaio è un materiale duttile e prima di rompersi si deforma, i compositi sono invece più fragili e mancano di duttilità. “In pratica la fibra di carbonio è più sensibile a carichi accidentali – continua Zucchelli –. Ciò comporta dei rischi. Una micro lesione all’interno del materiale, verificatasi in seguito a una sollecitazione o un incidente, potrebbe propagarsi senza che noi ce ne accorgiamo. Con il risultato che la rottura definitiva può arrivare all’improvviso”. Una criticità che i ricercatori hanno pensato di risolvere inserendo sensori integrati all’interno dei materiali. “In questo modo – chiarisce Zucchelli – quando si verifica una lesione o il materiale si rompe, il guasto viene rilevato immediatamente e trasmesso a una centralina che ne segnala l’anomalia. Consentendo di avere un monitoraggio continuo dell’intera struttura in fibra di carbonio”.
 
Il team di ricerca però non si è limitato solo ai sensori. Il passaggio successivo è stato introdurre all’interno del materiale un liquido, contenente composti chimici, capace di riparare il danno e aumentarne la sicurezza e l’affidabilità dei componenti in fibra di carbonio. “Questo liquido viene veicolato all’interno del materiale attraverso dei micro-canali – dice Zucchelli–. In pratica replichiamo ciò che avviene nel corpo umano: creiamo una struttura poco invasiva ma molto pervasiva. In questo modo quando avviene una rottura il liquido fuoriesce dai cunicoli in cui si trova e innesca un processo di auto-riparazione. Così da azzerare il rischio di propagazione di piccole fratture nella struttura e recuperare l’integrità del materiale”. Un’innovazione che, a discapito di quanto si possa pensare, non metterà in crisi il comparto legato all’assistenza, assicura il professore. “Bisogna considerare che si tratta comunque di un materiale che ha subito un trauma. Quindi per capire quanto questo trauma, contenuto grazie all’auto-riparazione, possa avere delle ripercussioni su tutto il resto. Soprattutto se il componente è particolarmente critico, è indispensabile passare da una sorta d’assistenza specializzata”. Per ora queste tecnologie sono ancora in fase di sperimentazione, e prima di vedere materiali di questo tipo su tutte le auto occorrerà del tempo. Va da sé però che gli scenari in termini di business e di opportunità che si aprono sono ampi. E il mondo della componentistica, così come quello della filiera aftermarket, dovranno rimodulare le proprie strategie. A partire dalla capacità di offrire agli automobilisti di domani competenze specializzate e strumenti all’avanguardia nel campo dell’assistenza e manutenzione dei veicoli.




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