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Marzo 2018

Adas di serie o in retrofit, l’aftermarket alle prese con la taratura di sensori e videocamere

di Dino Collazzo

Il moltiplicarsi sulle auto di sistemi come il cruise control, il forward collision warning e il traffic sign recognition porterà a un aumento degli interventi di manutenzione. Ma assistere un veicolo “intelligente” non è semplice servono competenze e attrezzature ad hoc.
 
Veicoli più sicuri e fine degli incidenti. È la sfida degli Advance driver assistance system (Adas) su cui l’industria dell’automotive sta costruendo una nuova strategia di business. Sistemi come il cruise control, il forward collision warning, il traffic sign recognition o il lane keeping system, solo per citarne alcuni, si stanno diffondendo rapidamente e presto non saranno più solo degli optional. Il Parlamento europeo, infatti, ha da poco approvato una proposta per rendere alcuni Adas obbligatori su tutti i nuovi modelli in produzione.
 
In questo nuovo scenario il settore aftermarket non può certo restare ai margini: limitandosi a osservare i cambiamenti senza interagirsi. Specie il comparto degli autoriparatori che saranno chiamati a confrontarsi con veicoli sempre più sofisticati. Le officine assisteranno auto dotate di software, videocamere, radar e sensori sui quali bisognerà intervenire con precisione. E per farlo gli autoriparatori dovranno aver sviluppato sia nuove competenze tecniche sia aver innovato i propri strumenti di diagnosi.
 
In Italia, secondo recenti stime, le auto dotate di sistemi avanzati di assistenza alla guida sono circa il 4%. Un dato destinato a un ampio incremento nel corso del 2018, tanto che diversi analisti parlano di una diffusione del 40% nel mercato dei veicoli. Il moltiplicarsi degli Adas a bordo delle quattro ruote porterà con sé anche un aumento degli interventi di manutenzione. Ma, assistere un’auto dotata di sistemi di sicurezza “intelligenti” non è certo cosa facile. La semplice sostituzione del parabrezza, così come quella dei fari, degli specchietti retrovisori o di altre parti del veicolo dotate di rilevatori, richiederà maggiore attenzione. Infatti, una volta compiuto il lavoro occorrerà tarare e calibrare i sensori e le videocamere installate. E per farlo sarà necessario avere in officina kit specifici – composti di un tappeto metrico, di pannelli e altri accessori – per ogni singolo modello e marca. Investire su questi strumenti, così come sulla formazione, è dunque fondamentale se si vuole avere un futuro in questo campo. Le opportunità di business però non si fermano di certo qui. Oltre all’assistenza a modelli di ultima generazione, il mercato offre anche la possibilità di intervenire in retrofit su automobili, autobus e veicoli commerciali già in circolazione da diversi anni: realizzando in pratica un upgrade tecnologico di queste quattro ruote. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito alcune aziende, da qualche tempo, stanno sperimentando la possibilità di installare, su autobus utilizzati per il trasporto pubblico e su flotte composte di veicoli commerciali, software e telecamere che ne migliorino la sicurezza. Parliamo di sistemi capaci di avvisare i conducenti dei mezzi, tramite segnali acustici, del possibile verificarsi di collisioni con pedoni, ciclisti o altri veicoli, nonché di segnalare il mancato rispetto della distanza, l’eccesso di velocità o il superamento involontario della corsia di marcia. L’introduzione di queste innovazioni sui veicoli, siano esse di serie che installate in retrofit, hanno l’obiettivo di migliorare la sicurezza stradale ed eliminare il verificarsi degli incidenti stradali.  
 
In Europa, secondo gli ultimi dati forniti dalla Commissione Ue, negli ultimi anni il numero di sinistri si è ridotto notevolmente. E questo grazie sia a politiche più stringenti in materia di controlli stradali sia alla crescente diffusione dei sistemi di sicurezza alla guida istallati sui veicoli. Nel 2016 gli incidenti mortali sono calati del 2%, anche se il numero delle vittime è rimasto elevato: 25.500 morti e 135 mila feriti gravi. La maggior parte degli incidenti, il 55%, è avvenuta sulle strade di campagna, seguite dal 37% di quelle delle aree urbane e dall’8% sulle autostrade. Le vittime sono in maggioranza gli occupanti delle auto (46%). Ma, se si sommano insieme pedoni (21%), ciclisti (8%) e motociclisti (14%), considerati gli utenti più vulnerabili della strada, la proporzione risulta quasi la stessa. Dati impressionati che nel complesso però mostrano un andamento positivo se paragonati a quelli di dieci anni prima. Dal 2006 al 2016 infatti il tasso d’incidenti si è ridotto del 19,6% mentre quello delle vittime del 41,6% (erano 43.700 nel 2006). Tutto ciò però non basta. Tanto che la sfida per il mondo automotive è la quota zero. Un risultato su cui sono riposte le speranze di successo dell’auto totalmente a guida autonoma.



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