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Giugno 2019

Ricambisti, promossi in tecnica rimandati in economia

Massimo Condolo

Una nuova pubblicazione analizza i parametri finanziari delle aziende del settore 
Grossisti e dettaglianti dell'autoricambio godono di ottima salute, ma devono imparare termini e metodi della finanza. È questa la sintesi estrema di Nicola Giardino, da anni giornalista specializzato del settore e già amministratore delegato delle filiali italiane di grandi multinazionali della componentistica. Giardino ha diretto un'analisi del settore condotta da Automotive Dealer Report, pubblicazione di Italia Bilanci (editore di informazione economico-finanziarie) che da nove anni analizza i principali parametri finanziari delle concessionarie italiane. Spiega Umberto Seletto, animatore del think tank Anticrisi Day: "Le aziende del settore vendono pezzi di ferro ma stanno in piedi su conti economici; con le nostre analisi le aiutiamo a pensare in termini economici, con termini e schemi che spesso gli imprenditore non conoscono".

Lo studio, voluto e promosso da Gipa, ha analizzato i bilanci delle aziende del settore profilandole per categorie merceologiche (distributori e ricambisti di meccanici, carrozzieri, componenti elettrici, lubrificanti, pneumatici, attrezzature, vernici e accessori) perché non tutti i settori possono essere analizzati a lo stesso modo ma bisogna tenere conto delle specificità. Le 1400 aziende analizzate comprano il 75% del mondo ricambi italiano. Nei prossimi anni l'analisi sarà estesa anche al mondo dei ricambi moto e veicoli industriali. Analisi, forzatamente limitata alle grandi officine in quanto quelle con modesti volumi d'affari non depositano i bilanci, mostra come vendita del nuovo e ricambi siano anticiclici. Con il calo delle immatricolazioni del nuovo aumenta l'età media del circolante e con essa la necessità di riparazione. Oggi il reddito operativo del settore vendite di una concessionaria va dall'1 al 2%, per un ricambiata dal 2 al 4%, per le officine e dal 3,2 al 4% per i ricambisti. Fausto Antinucci, amministratore di management Service, ha sottolineato come i concessionari debbano iniziare a ragionare in termini di redditività e non soltanto di vendite; l'analisi in· tradotta dal suo studio, validata dall'Università di Roma, ha mostrato come le aziende più grandi riescano anche a produrre una maggiore marginalità. l ricambisti (1400 le aziende analizzate) hanno mostrato un fatturato medio di 5 miliardi di euro (430 mila euro per addetto); il 14% ha bilanci in perdita. Tutti questi dati sono sostanzialmente stabili da tempo. L'8,9% del valore aggiunto è assorbito da costo del lavoro, la finanza esterna incide per un valore trascurabile (0,7%, che evidenzia come le aziende lavorino con risorse proprie, segno di un'ottima salute) e il ritorno sul capitale investito, valutato nel quadriennio 2013/2017, è stato mediamente del 12,7% ottimo segno per gli investitori.  Le aziende pagano i fornitori a 70 giorni e vengono saldate dai clienti in 80, con uno sfasamento che, come visto, evita il ricorso alla leva finanziaria (finanziamenti esterni) che è limitato allo 0,35% del guadagno e costantemente in calo (nel 2014 era dello 0,44%).

Il profilo finanziario di rischio che ne esce è molto rassicurante. Le stesse analisi applicate al mondo dei distributori (2400 aziende) rileva un fatturato medio di 11,5 milioni euro (550mila per addetto) e un 11% di società in perdita, anche qui con un quadro stabile da lungo tempo. Il costo della finanza esterna è dello 0,7% e il ritorno sul capitale investito è più alto della media del mercato: 14,4%, pur con un calo rispetto al 2015 che ha visto un picco del 15,5%. Le fatture vengono saldate a 74 giorni e incassate a 86. Anche in questo caso il profilo di rischio è bassissimo. Rosaria amido (Gipa) ha concluso con un'analisi dei flussi di scambio interni al settore, rilevando una crescita notevole del business dei ricambisti, che oggi convogliano a ripa· ratori il 37% delle loro vendite contro il18% del 2014. Le officine tendono a ridurre il numero dei ricambisti fornitori abituali, che passano dai 5 ciascuna del 2014 ai 4 dell'anno scorso. Le officine indipendenti, per effetto dell'invecchiamento del parco, acquistano quote di mercato. I riparatori consorziati in gruppi fatturano in media il doppio rispetto a quelli che hanno scelto di rimanere indi· pendenti.
 





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