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Luglio 2017

Sharing mobility, i millennials preferiscono l’auto condivisa. E calano le patenti

di Dino Collazzo

In Italia nel 2016 sono state emesse 978 mila patenti registrando un calo del 23 per cento rispetto al 2008. A rinunciare all’esame di guida sono soprattutto i giovani che scelgono di spostarsi in maniera condivisa. La sharing economy non preoccupa però l’industria automotive che ha già ricalibrato la propria strategia di business.
 
Una volta segnava il passaggio alla maturità, ora la patente non è più tra le priorità dei diciottenni. A sostituire l’auto nei desideri dei giovani ci ha pensato la tecnologia e il web. Infatti, i ragazzi preferiscono “viaggiare” in rete e quando decidono di spostarsi lo fanno in maniera condivisa. Una tendenza, quella verso la sharing mobility, che sta prendendo sempre più piede. Tanto da spingere l’industria dell’automotive a ricalibrare la propria strategia di business tenendo presente anche la “sharing economy”. Da qualche tempo, alcuni big del settore automobilistico hanno iniziato – attraverso società create ad hoc – a proporre servizi di car sharing: rivolgendosi sia agli utenti delle città – con il benestare delle amministrazioni locali che puntano a decongestionare il traffico urbano – che alle aziende, interessate a contenere il numero di veicoli delle flotte e di conseguenza le spese di manutenzione –. In questo modo le case automobilistiche hanno iniziato a penetrare all’interno di quel segmento di mercato fino a oggi occupato da startup e società di noleggio. Per avere un’idea del valore della sharing mobility basta guardare il volume d’affari in grado di generare. Parliamo di un mercato che a livello mondiale (in particolare Cina, Usa ed Europa) vale all’incirca 54 miliardi di dollari e con un forte potenziale di crescita nei prossimi anni. Dunque, chi pensava che la mobilità condivisa avesse avviato un processo di demotorizzazione si sbagliava di grosso. E questo sia perché la vendita di auto nuove nei paesi in via di sviluppo supererà il calo dovuto dalla sharing mobility e sia perché il maggior utilizzo dei veicoli condivisi aumenterà la frequenza di sostituzione. Una manna per l’industria automotive e la sua filiera.
 
Calano le patenti
Ciò che è certo invece è che questo nuovo modo di concepire gli spostamenti ha contribuito a un cambio di abitudini tra le nuove generazioni. I millennials, infatti, sono sempre meno propensi a possedere o guidare un’auto e più portati alla condivisione. Un dato che consente di cogliere in parte questo mutamento è rappresentato dal calo del numero di patenti emesse negli ultimi anni. E in particolare in quella fascia d’età che va tra i 18 e i 30 anni. In Italia nel 2016, secondo i dati del ministero dei Trasporti, sono state emesse 978 mila patenti di cui il 56,3 per cento di tipo B. Numeri in crescita se paragonati all’anno precedente, ma che descrivono un’altra realtà se analizzati nella loro serie storica. Nel 2008 gli italiani che hanno superato l’esame di guida erano in totale 1,2 milioni, di cui 693 mila hanno conseguito la patente B. In otto anni si è avuto un calo del 23 per cento nel primo caso e del 20,5 per cento nel secondo. Come abbiamo detto, la riduzione maggiore si riscontra proprio nelle fasce più giovani. Rispetto al 2008 si registra una variazione negativa del 18,7 per cento del popolo degli automobilisti tra i 18 e i 30 anni (circa 200 mila in meno). Con il segno meno anche gli over 30, mentre risultano in controtendenza gli over 45. Questo fenomeno è spiegabile tenendo presente due elementi: gli effetti della crisi economica che ha portato molte persone a risparmiare e il diffondersi di servizi di sharing mobility (car sharing, car pooling, bike sharing) trainati dalla rivoluzione digitale.

 


Sharing mobility e rivoluzione digitale
Secondo il rapporto Aniasa (Associazione nazionale industria dell’autonoleggio e servizi automobilistici) lo scorso anno in Italia gli iscritti alle società di car sharing hanno superato il milione (più 70% su 2015) e le 6000 vetture proposte dai vari operatori sono state noleggiate per 6,27 milioni di volte. Il profilo dell’utente medio è quello di un uomo di 38 anni, pendolare che vive in città e che sfrutta il car sharing con elevata frequenza sia nei feriali sia nei festivi. E tutti gli altri? Qui sta il vero cambiamento. A sopperire alla necessità di spostarsi, a prescindere dal possesso di un veicolo o della patente, ci ha pensato la rivoluzione digitale. La tecnologia ha permesso a servizi innovativi di mobilità condivisa, che preesistevano all’avvento di internet, di diffondersi rapidamente. Nella sharing mobility questa è un supporto indispensabile: siti web e app per dispositivi mobili sono necessari per abilitare il modello di servizio collaborativo. Le piattaforme di questo tipo consentono di creare relazioni e scambi tra gli utenti in modo più veloce ed efficace. E nel caso della mobilità di incrociare domanda e offerta in rete. Sono queste innovazioni che hanno permesso che alcune pratiche di nicchia diventassero di largo consumo, tanto da spingere diversi settori industriali a rivedere i propri modelli di business consolidati e conquistare nuove quote di mercato.
 





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