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Marzo 2018

Iam 2018, la competizione nel mercato aftermarket è sempre più serrata

di Dino Collazzo

Per il Centro di ricerca per il settore automotive del Politecnico di Torino il mercato dello Iam italiano è in buona salute. Innovazione di processo e di prodotto ed efficienza e organizzazione del lavoro sono le strategie messe in campo dalle aziende più virtuose della filiera.
Il mercato dell’Independent aftermarket italiano chiude il 2017 in positivo. Per il quinto anno consecutivo le aziende del settore fanno registrare numeri da record all’interno di un mercato sempre più competitivo ed esigente. A trainare il mondo dello Iam sono 12 aziende che da ormai quattro anni investono senza sosta su innovazione di processo e prodotto e sull’efficienza e organizzazione del lavoro. Questa situazione, stando all’analisi realizzata dal Politecnico di Torino e presentata durante l’ottavo convegno Iam Italia, ha generato un’ipertensione lungo tutta la filiera. Con il risultato di accentuare la polarizzazione tra i grandi operatori e gli altri: in pratica si sta assistendo a una riorganizzazione dei rapporti di forza e alla creazione di nuove alleanze e partnership commerciali nel campo della distribuzione, componentistica e ricambistica.
 
Se da un lato ci sono operatori che tirano la volata, lanciandosi alla conquista di maggiori quote di mercato sacrificando per ora una parte del proprio margine, dall’altro ci sono imprese che hanno accettato la sfida e si sono messe all’inseguimento. Per tenere il passo e continuare ad avere un business però, precisa Silvano Guelfi, responsabile scientifico del centro di ricerca Automotive independent aftermarket, queste aziende devono puntare sul “rinnovamento”. Che per il professore del Politecnico passa dalla capacità di: realizzare nuovi output, migliorare le competenze in azienda scegliendo personale qualificato e coerente con i cambiamenti in atto e ammodernare strumenti e processi produttivi. Il risultato è un processo di selezione sempre più marcato a favore delle aziende virtuose. Quelle in pratica che stanno puntando su: investimenti, patrimonializzazione, riduzione dell’indebitamento e innovazione tecnologica.
 
Non tutta la filiera aftermarket però si muove all’unisono. Al suo interno c’è chi ha rinunciato a inseguire preferendo adottare una diversa strategia. Le aziende che hanno scelto di non crescere – distribuzione, componentistica e ricambistica – hanno puntato o al margine o a resistere. Nel primo caso si è scelto di lavorare in una nicchia di mercato puntando a essere i migliori al proprio interno, dall’altro lato, vista l’alto grado di competitività nella filiera, si è fissato un limite temporale entro cui continuare a operare prima di chiudere. 
 
Mercato Iam
Investire continua a essere la parola d’ordine nel mercato dell’Iam che nel 2017, per i distributori, ha registrato una crescita del 4%. Questa spinta però non è destinata a durare. Le previsioni al 2022 parlano di un rallentamento con Cagr (tasso di crescita annuale composto) del 2,7%. Spostandoci sul fatturato dei distributori – il 43% è realizzato da 12 categorie prodotto – si registra un più 3,3% per il 2017. Un risultato che insieme ai volumi (+2,4% nel 2017) segna però un’inversione di tendenza rispetto al dato del 2016 quando si è registrato rispettivamente 4,2% e 4,1%. Per i ricambisti invece il 2017 ha segnato una ripresa del fatturato dopo un inizio anno molto incerto. A traghettarlo verso un più 3,4% è stata la ripresa dei prezzi (+1,6%) dopo un 2016 di forte contrazione (-3,3%). In questa fase di cambiamenti nel mondo dell’automotive le imprese della filiera Iam stanno adottando una strategia di rafforzamento della loro posizione, attraverso la riduzione dell’indebitamento, l’efficientamento dei processi produttivi e la patrimonializzazione. Ma non basta. Serve infatti una nuova strategia di business che consideri come affrontare i mutamenti portati da elementi come l’auto ibride, elettriche, i sensori per la guida autonoma e strumenti per la diagnosi da remoto. Tutti aspetti che impatteranno, nel lungo periodo, su una grossa parte del mondo aftermarket: spingendo molte realtà a chiudere se non sapranno governare i cambiamenti. Secondo diversi scenari a partire dal 2020 il parco circolante inizierà a calare e ciò comporterà una contrazione del mercato Iam. Una possibile soluzione per molti analisti è puntare a una commistione di obiettivi tra Oe e Iam basata su uno scambio di competenze, esperienze e professionalità.  
 
Analisi comparti della filiera Iam
Nel comparto della distribuzione ci sono 10 grossi operatori – con all’attivo grossi investimenti – che dal 2012 al 2017 hanno conquistato il 53,3% di quote di mercato (+13,5 p.%). Queste hanno un tasso di sviluppo di 5 volte superiore rispetto agli altri distributori. Tanto che guardando al valore della produzione le prime 10 registrano un +6,7% all’interno di un mercato che nel complesso viaggia intorno al 5%. Per gli altri il valore si attesta al 2,7%. Un divario preoccupante e difficilmente recuperabile. Spostandoci sulla marginalità commerciale qualche dissonanza si registra anche tra le virtuose. Sei dei 10 player risultano in peggioramento: la media è del 25,7% registrando così solo un +0,1p.% di crescita. In territorio negativo si attesta invece la marginalità operativa lorda. Rispetto a una media del 7,3% del 2015 la fotografia scattata dal Politecnico nel 2016 mostra un 6,4%. Il motivo del calo, per entrambi i fattori, è da imputarsi al fatto che una parte delle aziende sta riducendo i costi inutili e sta continuando a investire: con l’obiettivo di invadere quelle parti del mercato lasciate vuote da chi ne è uscito negli ultimi 4 anni. Guardando più nel dettaglio si notano alcuni cambiamenti positivi. In particolare un miglioramento dell’efficienza e un minore, se non assente, indebitamento. Nel primo caso il tasso di rotazione del magazzino è del 3,28 % (+0,41%) al contrario per gli altri distributori la media si ferma all’1,95% registrando un -0,59% rispetto al 2015. Per quanto concerne l’indipendenza finanziaria molti distributori viaggiano in territorio positivo: segno che ci sono più attivi che passivi sui conti correnti aziendali. Un discorso simile vale anche per componentisti e ricambisiti. La differenza in questo caso però è che mentre la distribuzione vive una fase di forti investimenti e quindi di maggiore dinamicità, gli altri hanno iniziato a raccogliere i frutti di operazioni fatte in precedenza. Un elemento in comune in questo caso è dato dalla presenza, anche tra i componentisti, di pochi grandi attori che oggi si spartiscono una grossa fetta di mercato.



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