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Luglio/Agosto 2018

Auto elettriche, la sfida per il successo passa da smaltimento e riciclo delle batterie

Dino Collazzo

I motori elettrici sono sempre più performanti grazie a ricariche più veloci e durature. Ma sulla loro “sostenibilità” pesa l’incognita sulla capacità di riutilizzare i metalli delle batterie. Ecco a che punto è la ricerca.
Dal rombo al ronzio del motore. Non è ancora un boom in termini di volumi, ma di certo l’interesse verso l’auto elettrica da parte dei consumatori ha subito una forte accelerazione negli ultimi anni. Un trend che ha portato i costruttori tradizionali e la filiera aftermarket, spinti anche dalla forte concorrenza da parte di nuovi player come multinazionali dell’hi-tech, startup e società di servizi cloud, a investire sulla ricerca di soluzioni innovative da adattare alle batterie. Parliamo di applicazioni tecnologiche e di componenti il cui fine è migliorare le prestazioni dei veicoli a scossa, ridurre i tempi di ricarica, aumentare le percorrenze ma soprattutto trovare un modo di riciclare i materiali degli accumulatori esausti. È forse questa una delle grandi sfide che potrebbe decretare il successo della mobilità elettrica.

Per molti analisti del settore nei prossimi anni assisteremo a grandi cambiamenti in tema di trasporti.  Gli autobus, i camion e ovviamente le auto saranno alimentate prevalentemente da energia elettrica. Attualmente, secondo l’ultima edizione del Global electric vehicles outlook dell’International energy agency, il livello di diffusione di automobili elettriche e plug-in a livello mondiale ha superato i 3 milioni, con un incremento del 54% rispetto al 2016. Anche se il dato è ancora molto basso, specie se confrontato con quello dei motori a combustione interna, va comunque interpretato come un segnale di cambiamento in atto. Secondo diversi scenari la diffusione di veicoli elettrici su larga scala inizierà a crescere a partire dal 2025 per arrivare a raggiungere, grazie alle misure attuali di sostegno all’acquisto, i 125 milioni nel 2030 o i 220 milioni qualora dovessero essere previsti nuovi incentivi. Parliamo ovviamente di stime basate su previsioni ottimistiche che implicano un ulteriore avanzamento tecnologico nel campo della componentistica dell’auto elettrica: specie sulle batterie. Le soluzioni infatti per migliorare le prestazioni degli accumulatori si moltiplicano e diversi centri di ricerca e laboratori universitari ne stanno studiano il modo. L’intento è di aumentare la durata della carica, renderla più rapida, ridurre il consumo di metalli rari a vantaggio di quelli maggiormente reperibili, ma soprattutto l’obiettivo è riuscire a realizzare una batteria riciclabili.

La strada tracciata è quella del riuso. Ed è per questa ragione che in concomitanza con la diffusione delle quattro ruote elettriche è necessario ripensare al meglio la filiera del recupero degli elementi presenti nelle batterie: alluminio, rame, cobalto, nichel, manganese e litio. Questo potrebbe costituire un’opportunità, anche per il settore automotive, per creare un’economia circolare della e-mobility. In cui case costruttrici e aziende della componentistica potrebbe non solo realizzare i propulsori per i veicoli ma anche gestire lo smaltimento e il riuso delle batterie, così da sviluppare un nuovo business. Allo stato attuale però l’idea di rimettere sul mercato batterie “rigenerate” è una via ancora poco percorribile. Infatti, a oggi non esistono impianti capaci di riciclare gli accumulatori e dare loro una seconda vita. Basti pensare a elementi come nichel e cobalto che per le loro caratteristiche chimico-fisiche richiedono metodologie ingegneristicamente complesse per il loro recupero. La ricerca in questo campo è ancora all’inizio e le soluzioni per ora proposte non hanno una reale ricaduta economica: i costi ancora troppo elevati limitano le possibilità di avviare un processo di industrializzazione. È forse per ovviare a questo ritardo che diversi centri di ricerca stanno cercando di individuare batterie a minor impatto ambientale. Gli studi condotti negli ultimi anni hanno permesso di ottenere le “all-solid-state battery cells”. Si tratta di batterie più sicure – gli elettroliti vitrei hanno sostituito quelli liquidi che creavano dei detriti all'interno dei circuiti ed erano la causa di un elevato surriscaldamento – e capaci di avere maggiori e più veloci cicli di ricariche grazie all’impiego dell’anodo in metallo-alcalino. A parità di prestazione di classici alimentatori questi nuovi modelli hanno il vantaggio di evitare l’uso di derivati del cobalto, migliorando così la sostenibilità e facilitando il loro smaltimento. Non solo. Nell’ultimo periodo sono aumentati gli sforzi verso il perfezionamento di materiali già presenti nelle batterie sodio-ione e magnesio-ione e verso lo sviluppo di materiali compositi capaci di aumentare le performance e la sostenibilità di quelle litio-ione.

Un'altra novità riguarda lo sviluppo della batteria di flusso. Quest’ultima utilizza degli elettroliti disciolti che vengono pompati all’interno di una cella elettrochimica passando attraverso una membrana, dove la loro energia chimica viene trasformata in elettrica. L’inconveniente di questi accumulatori è la loro dimensione eccessiva, ma i ricercatori della Purdue University, negli Usa,hanno trovato il modo di ridurne la grandezza:  eliminando le membrane e sostituendole con fluidi polari immiscibili fatti di acqua salata e metanolo o etanolo. Il risultato è una batteria che si ricarica senza doverla collegare a una presa di corrente: basta semplicemente sostituire il fluido che contiene gli elettroliti privi di carica elettrica con uno nuovo. Il liquido esausto però non esaurisce il suo ciclo una volta consumatasi la carica elettrica. Al contrario il fluido viene rigenerato all’interno di appositi centri – utilizzando anche energia solare – e rimesso in circolo nella rete di distributori. Una scelta decisamente “green”. Nell’idea dei ricercatori che hanno lavorato al progetto, un'auto elettrica si ritroverebbe ferma in una classica stazione di servizio ma invece di fare il pieno di benzina sostituirebbe il fluido esausto con acqua salata e metanolo o etanolo.
 



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