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Luglio/Agosto 2020

Coronavirus e revisioni, non tutto il caos viene per nuocere?

Massimo Brunamonti

La comunicazione del Dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell’Interno del 5 giugno spiega il combinato disposto tra il decreto “Cura Italia” e il Reg.Ue 698/2020
Se si cercava un modo per complicare le cose semplici, non si poteva fare di meglio: tra il decreto “Cura Italia”, successive circolari (o mancate circolari di chiarimento) ed il Regolamento del 25 maggio 2020, capire chi, quando e se si debba fare la revisione è una bella impresa. Ultima arrivata è la comunicazione del Dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell’Interno del 5 giugno 2020 che finalmente spiega il combinato disposto tra il Dl 18/2020 del 17 marzo (appunto, il decreto “Cura Italia” convertito in legge) ed il Regolamento 698. Senza stare qui a riportare tale spiegazione, peraltro piuttosto chiara, è bene sottolineare certi aspetti singolari che ne conseguono.

Intanto il Regolamento Ue non prende in considerazione motorini e motocicli dal momento che tali mezzi non sono inclusi nella Direttiva 2014/45 a cui il Regolamento 698 fa riferimento; per essi vale il Dl 18/2020 e conseguentemente la data ultima del 31 ottobre per la revisione onde poter circolare in Italia (ma non all’estero). Per quanto riguarda i mezzi M e N e i loro rimorchi, la differenza più rilevante consiste nella natura della modifica delle scadenze. Infatti mentre il Regolamento Ue si incentra sul concetto di “proroga della scadenza”, il Dl 18/2020 invece parla di “autorizzazione” alla circolazione oltre i termini normali di scadenza fino al 31 ottobre. La differenza consiste nel fatto che mentre una proroga automaticamente ricalendarizza le scadenze, l’autorizzazione no, generando così un possibile accumulo alla data ultima possibile con conseguente sovraffollamento dei centri di revisione, problema questo più volte denunciata dagli operatori. L’entrata in vigore automatica del Regolamento Ue può forse aiutare a risolvere il problema dell’accumulo dal momento che chi non si “ricalendarizza” spontaneamente potrà sì circolare in Italia fino al 31 ottobre, ma non in Europa; questo può essere un buon motivo per far decidere agli automobilisti di optare per date in linea con il criterio di proroga, scaglionando così le revisioni nel tempo. Interessante poi la ricaduta del Regolamento Ue sul trasporto merci; la proroga di 7 mesi forse capita a fagiolo per un settore ormai da anni vittima di disfunzioni inammissibili. Come tutti sanno, il ritardo medio della revisione annuale dei veicoli pesanti, già da prima del coronavirus, si misura in mesi; questo danneggia soprattutto le flotte che operano a livello internazionale, dove la semplice prenotazione di una revisione non è documento sufficiente per la circolazione.

Questa situazione incancrenita non ha mai trovato soluzione, neppure dopo la Legge Finanziaria 2019 che modificava l’art. 80 del codice della strada trasferendo le revisioni dei veicoli pesanti ai privati, incaricando il governo di darne attuazione entro 30 giorni. Attuazione mai avvenuta: in più di un anno e mezzo l’Amministrazione non è stata in grado di emettere i decreti necessari per “privatizzare” le revisioni dei veicoli pesanti, nonostante il dettato legislativo. Il Regolamento Ue, con il meccanismo della proroga, può involontariamente dar fiato ad un’Amministrazione quantomeno in affanno, concedendo sette mesi di tempo per fare quello che non si è riusciti a fare in passato. Dalla fine del 2017 ad oggi la dirigenza responsabile presso il ministero delle Infrastrutture e Trasporti è cambiata già due volte; ci auguriamo che i nuovi responsabili, da poco entrati in servizio, colgano l’occasione per sanare una situazione ormai insostenibile che danneggia l’intero settore del trasporto merci.





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