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Luglio/Agosto 2018

Officina 4.0, digitalizzazione delle imprese e nuovi trend sulla mobilità stanno cambiando il volto dell'industria automotive

Redazione Autopromotec

In attesa di Autopromotec 2019 (dal 22 al 26 maggio a Bologna) il mondo dell'aftermarket si è ritrovato agli Stati Generali 2018 per discutere dei cambiamenti che stanno interessando il mondo delle quattro ruote. Ecco alcuni spunti su come guardare al nuovo business. 
Il mondo cambia a una velocità inimmaginabile fino a pochi anni fa. Nuove tecnologie e digitalizzazione spingono la tecnica verso frontiere ancora in parte sconosciute, contribuendo a modificare le abitudini quotidiane di milioni di persone. Tutto questo sta sconvolgendo anche il settore dell’auto e delle officine, che oggi si chiede quale strada prendere di fronte alle grandi tendenze che stravolgono il mercato: connettività, guida autonoma, elettrificazione e mobilità condivisa. Proprio di questi temi si è parlato agli Stati Generali di Autopromotec Conference 2018, che ha riunito operatori, associazioni, istituzioni, aziende ed esperti all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (Bologna) il 13 e 14 giugno scorsi.

“Il nostro settore non è diverso», dice Mauro Severi, presidente di AICA, aprendo la Conference. Un invito rivolto ad autoriparatori e meccanici a non lasciarsi andare al pessimismo, perché la nuova mobilità porta sì un cambio di paradigmi inevitabile, con tutti i suoi timori, ma anche nuove esigenze. "Il domani arriverà comunque, ma per gestirlo bisogna comprenderlo – precisa Severi – Là fuori c’è un mercato da conquistare”. E mentre il presidente di FIA Jean Todt, con un video inviato alla platea, invita a non perdere mai “l’attenzione per il cliente”, tocca al sociologo e saggista Francesco Morace smontare la tradizionale divisione tra vita online, connessa, e vita offline, disconnessa. “Ormai tutto è connesso, tanto che si può parlare di “Onlife” – spiega – Non è solo un cambiamento, ma una metamorfosi, un cambiamento d’epoca”. Un ruolo centrale in questo cambiamento ce l’hanno le città, veri e propri motori dell’innovazione, come sottolinea Andrea Marinoni, Senior Partner di Roland Berger, che ha presentato la terza edizione di “Automotive disruption radar”, uno studio sulle nuove tendenze della mobilità. Secondo la classifica riportata nell’analisi, che tiene conto di 27 indicatori diversi, dei 13 Paesi presi in considerazione l’Italia si piazza al penultimo posto, dopo l’India e prima soltanto del Belgio, mentre ai primi posti ci sono Cina, Singapore e Sud Corea. “L’Italia è indietro ma non è un problema – chiarisce Marinoni – perché la situazione si è mossa verso le prospettive attese nel 2030 e per alcuni indicatori siamo allineati col resto del mondo, come nell’interesse dei consumatori”. Secondo Angie Cucco, esperta di advertising digitale per Google, le chiavi per avere successo in rete sono l’assistenza, l’automazione e la realtà aumentata (augmentation). Lo dimostrano alcuni dati: oltre un miliardo di ricerche al mese su Google per quanto riguarda officine e simili; il 75% dei consumatori si dice disponibile a comprare un’auto online; il 62% proverebbe un casco per la realtà virtuale per scegliere un’automobile. “Voi potete abbracciare questo cambiamento – sostiene Cucco – facendo piccoli passi nel futuro alla volta”.

Tutto il mondo che ruota attorno alla vettura è quindi destinato a cambiare: le auto saranno sempre più complesse e avranno nuove esigenze di assistenza. Un’indagine svolta da Nissan in Norvegia, ed esposta alla Conference da Pietro Berardi di Renault Nissan Usa, stima un calo di fatturato del 41% col passaggio ai veicoli elettrici, mentre Dino Domenico Brancale, ad di AVL Italia, pur parlando di “compumotive” (computer+automotive) tranquillizza: “I motori come li conosciamo ci saranno ancora per lungo tempo”. Cita poi una ricerca di Kpmg che mostra come in meno di quattro anni i trend più importanti per l’industria automobilistica siano diventati mobilità elettrica, batterie e ibrido, oltre a connettività e digitalizzazione. “Ci sarà sempre più bisogno di acquisire competenze ma anche una catena di manifattura capace e aggiornata”, aggiunge Brancale. È vero però che in un veicolo elettrico ci sono 180 parti meccaniche in movimento, contro le 10.000 di un veicolo tradizionale, dunque anche l’assistenza dovrà adattarsi In Italia però, sottolinea Sergio Torre di Duferco Energia, l’anno scorso i veicoli elettrici venduti sono stati solo 1.500. “Stiamo vivendo un gap culturale che appena risolto, però, porterà a una crescita esponenziale. Quindi bisogna attrezzarsi”, continua. Altro campo di attività che diventerà sempre più cruciale è l’assistenza sugli Adas (i sistemi avanzati di assistenza alla guida), i sensori che cercano di ridurre il numero degli incidenti e aumentano la sicurezza del veicolo: l’80% degli incidenti in ambito urbano infatti dipende da una distrazione di tre secondi, con un ruolo sempre maggiore dell’uso del telefono alla guida. “Gli operatori devono specializzarsi sugli Adas”, esorta Alessandro Finicelli, di Autobynet. Il cambiamento non risparmia neppure il settore dei veicoli pesanti, anzi. Secondo Franco Fenoglio, ad e presidente di Italscania, le aziende del settore “sono molto avanzate, spesso più di quelle dell’automotive”. Scania, per esempio, investe in innovazione il 7% del fatturato e già nel 2011 ha lanciato un sistema di connessione che oggi collega 310mila veicoli nel mondo coi centri di sviluppo a Stoccolma. Ma ci sono anche sperimentazioni sul “platooning”, le cordate di camion guidati dal veicolo di testa, o gli accordi per i “filo-camion” collegati alla rete elettrica. “Sembrava una barzelletta solo l’anno scorso e invece lo stiamo realizzando”, sottolinea il manager.

Tocca a Romano Valente di UNRAE invece fare una fotografia del parco veicoli attuale, che su 37 milioni di vetture in circolazione in Italia vede oltre il 20% di queste immatricolate prima del 2001. «Un parco anziano, con un ricambio lento, che bisognerà gestire ancora per molto tempo», sottolinea, mentre gli esponenti di CNA e Confartigianato hanno evidenziato come le officine già oggi siano diverse da quanto fossero in passato, dal vecchio cliché della tuta blu e delle mani sporche di grasso. Le aziende infatti hanno investito in formazione, mentre sono proprio gli operatori indipendenti a essere più capaci di adattarsi alle richieste dei clienti. Ma tutti gli operatori sono d’accordo su un punto: ci sarà bisogno di aziende più strutturate, che forniscono più servizi al cliente e curano maggiormente la comunicazione, aspetto questo che le indagini presentate alla Conference indicano come fonte di insoddisfazione diffusa per gli automobilisti. “Condivido l’idea che gli indipendenti spesso siano più capaci delle officine a marchio – ha detto Massimo Pellegrino, responsabile area rapporti con le reti indipendenti per ANFIA-Aftermarket – Ma a tutti gli operatori consiglio di avere maggiore attenzione all’utente finale: serve un po’ più di marketing, visto che le competenze ci sono”.
Altri timori arrivano dalla prospettiva di lavorare in un futuro di auto connesse. “Il processo di riparazione comincerà direttamente sull’auto, ancora prima di arrivare in officina – ha spiegato Neil Pattemore, direttore tecnico di EGEA e FIGIEFA – E questo pone il problema della gestione dei dati prodotti dai veicoli. Questi infatti non sono di proprietà dei costruttori, devono essere messi a disposizione». Per questo le associazioni che rappresentano distributori e operatori indipendenti stanno combattendo in Europa per ottenere «l’accesso diretto ai dati, la possibilità di dialogare col veicolo e sistemi sicuri di interazione col cliente”.

Molte tendenze di Industria 4.0 del resto coinvolgeranno e stanno già coinvolgendo le officine: robot, sensoristica, occhiali virtuali, smart watches e tablet sono tutti strumenti che trovano già spazio nelle aziende più evolute e che devono fare il loro ingresso nelle officine. Comau, DHL e Lamborghini sono i case history portati alla Conference per capire nel dettaglio come la logica 4.0 ha già modificato profondamente queste realtà. E gli sviluppi mostrati alla Conference da Accenture, che ha curato il progetto “Officina 4.0: proof of concept” ad Autopromotec 2017, lo dimostrano. Già oggi, spiega Raffaele Menolascino, Managing Director di Accenture, buona parte delle auto sono connesse. Questo mette a disposizione delle officine una gran quantità di dati che non hanno più bisogno dei vecchi ponti sollevatori e della tuta blu. Ci sono già app che consentono di rilevare i problemi sull’auto, impostare un preventivo e dialogare col cliente grazie a sistemi di intelligenza artificiale. E gli stessi operatori presto useranno (o stanno già usando) dispositivi come tablet e occhiali a realtà virtuale capaci di guidarlo nel processo di riparazione. È un sistema sviluppato per esempio dall’azienda ATOS con un costruttore tedesco e spiegato agli Stati Generali dal Global Account Automotive Nicola Gullì. “Questo consente di offrire interventi standardizzati e riparazioni più rapide anche di fronte a modelli nuovi – spiega – perché gli operatori avranno sempre a disposizione la guida più aggiornata”.

Ma se le tecnologie sono in gran parte oggi già disponibili, diventa cruciale il ruolo delle persone e della loro formazione. “Sono le persone il problema principale, non le macchine – spiega Francesco Paolo Ausiello, di ASTER – E la creatività, oltre che le scienze, deve avere un ruolo maggiore”. Ma la formazione dev’essere sempre più un gioco di squadra tra istituzioni, scuole, università e aziende. “Bisogna vederla non come una perdita di tempo, ma come un investimento”, dice ad esempio Filippo Di Gregorio, di Dallara. Tutto questo regge però se officine e autoriparatori sono capaci di stare sul mercato, se sono presenti online con siti Internet aggiornati, semplici e attrezzati. I cinque punti chiave, in questo campo, sono quelli indicati da Marco Marlia, ceo di MotorK: “Mobile, promozioni e aggiornamenti, presenza su tutte le piazze sociali, gestione efficace dei contatti e analisi delle visite. Il sito è come un ufficio aperto 24 ore su 24, se non entra nessuno – spiega – bisogna chiedersi perché”.

“I messaggi che abbiamo voluto lanciare in questi due giorni sono che il futuro è adesso – conclude Renzo Servadei, ad di Autopromotec – che il futuro prevede la condivisione e che si tratta di un momento disruptive che spinge a prendere decisioni in modo veloce. Ma anche che non dobbiamo avere paura del futuro, perché ci sono tante cose che probabilmente non faremo più ma anche tanti nuovi servizi da assicurare comunque al cliente. Dobbiamo essere capaci di fare sistema, spiegando che l’uomo rimane al centro delle nostre analisi: se siamo capaci di fare questo il valore crescerà e potremo avere una fetta di mercato nel futuro”.



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