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Novembre 2020

Sermi, la fine di una lunga storia?

Massimo Brunamonti

Per le associazioni del settore l'adozione del Sermi consentirebbe di avere di uno strumento vitale per servizi innovativi e concorrenza leale
Correva l’anno 2008 quando la Commissione europea decise di porre mano a una regolamentazione dell’accesso ai dati di sicurezza degli autoveicoli, in questo caso antifurto, tale da permettere agli operatori indipendenti di poter operare in regime di concorrenza e dare così esecuzione ai Regolamenti Euro 5/6 (715/2007 e 692/2008). La decisione fu di costituire un “Forum per la sicurezza” (Security Forum) per definire un processo di abilitazione degli operatori del post vendita all’accesso ai dati antifurto dei veicoli. In capo a un anno, alla fine del 2009, il Forum presentò il Sermi, uno schema secondo il quale qualsiasi autoriparatore poteva accreditarsi presso un istituto di accertamento di conformità (Cab) notificato (presso Accredia nel caso dell’Italia) presentando evidenza della propria qualifica e fedina penale per ottenere così un “certificato di accesso” univoco, emesso da un centro fiduciario indipendente, mediante il quale ricevere i codici di duplicazione delle chiavi di qualsiasi natura e tipo esse fossero. Fatto! Dirà qualcuno. Purtroppo no.

Quello che invece è accaduto è che alla proposta del Forum sono state addotte tutta una serie di argomentazioni di varia natura nel tentativo, apparentemente lodevole, di allargare l’ambito ma col risultato di portare alla fine tutto allo stallo. Sono stata avanzate istanze quali la protezione contro manomissioni dei sistemi anti-inquinamento quali la rimozione del filtro Fap e protezioni per la sicurezza informatica che qualcuno pensava potessero essere risolte utilizzando il Sermi adeguatamente adattato allo scopo. Ma il Sermi da solo per sua natura non è in grado di ottemperare a tutte queste esigenze se non mettendo anche mano a un quadro legislativo ben più ampio e in parte ancora indefinito. Di questo si è tardato a rendersi conto con la conseguenza di farsi mancare anche il semplice ma positivo passo avanti che il Sermi originario avrebbe comunque introdotto. Come dicevano i nostri nonni “il meglio è nemico del bene”; qualcuno se ne è dimenticato, qualcun’altro forse invece ne ha fatto buon uso per ostacolarlo; in conclusione sono passati più di 10 anni e ancora non siamo a niente. Ma la necessità del Sermi è sempre più pressante; pensiamo solo alla nuova mobilità che si sta affacciando in maniera dirompente: la mobilità spartita o condivisa è fondamentalmente basata su fornitori di servizi indipendenti che operano flotte di veicoli multimarca da gestire e manutenere, per le quali l’accesso ai dati diagnostici e di riparazione e manutenzione è vitale. Come si può concepire uno scenario come questo senza una qualificata autoriparazione indipendente multimarca? Come possono tali flotte costituire una proposta concorrenziale vantaggiosa per il consumatore senza una post-vendita in concorrenza? La Commissione europea, vistasi nella necessità di recuperare il tempo perso, nell’aprile del 2019 ha finalmente presentato la proposta ufficiale di adozione del Sermi.

La notizia ha fatto molto piacere all’aftermarket indipendente perchè la cosa rappresenterebbe un pilastro per l’accesso ai dati tecnici; purtroppo però i problemi sono ancora molti e tutti, guarda caso, legati a chi e come gestirà o influirà sull’emissione dei certificati di accesso che a quanto pare fanno gola a molti. Qualcuno è arrivato addirittura a proporre l’imposizione all’autoriparatore dell’onere della prova di corretta condotta pena l’esclusione dall’accesso, introducendo di fatto la presunzione di colpa a un settore, quello dell’autoriparazione che non ha certo niente da invidiare ad altri per quanto riguarda qualifica e professionalità. In tutto questo poi si innesta il problema attuale e pressante dell’accesso alla porta Obd. Molti costruttori, nel nome di esigenze di sicurezza informatica, stanno rendendo l’accesso Obd arbitrariamente costoso e potenzialmente controllato e discrezionale, in barba ai regolamenti vigenti, con l’introduzione di gestori di accesso propri. Un Sermi operativo costituirebbe per sua natura la soluzione praticamente automatica al problema. Ha ben ragione l’alleanza europea degli operatori indipendenti Afcar, che rappresenta tutto il settore inclusa Egea, a spingere per una pronta adozione del Sermi così com’è per poi farlo evolvere verso le nuove esigenza quando il quadro normativo complessivo lo permetterà. Un esempio per tutti: la revoca dell’autorizzazione all’accesso a seguito di attività illegittima. Non importa essere esperti legali per capire che per definire un tale criterio di legittimità è necessario tener conto di tutto il quadro legale europeo e degli stati membri per poi costruire una norma armonizzata coerente e adottabile in tutta la Ue.

Analogo per quanto riguarda la sicurezza informatica: è necessario prima portare a conclusione lo standard Unece e la conseguente adozione a norma europea per riuscire poi ad adeguare il Sermi di conseguenza. Sappiamo tutti, sostiene Afcar, che il Sermi così com’è richiederà ampliamenti ma adesso è il momento, dopo oltre 10 anni, di acquisire quello che abbiamo e su quello successivamente operare per ampliarlo. Un Sermi operativo potrà essere facilmente esteso alla certificazione per l’accesso alla porta Obd e alla verifica della qualifica per operare sui sistemi anti-inquinamento o sui sistemi informatici. È adesso, con la Commissione operante alla fase finale dell’adozione dell’Allegato X del Regolamento 858, che è il momento di agire con prontezza e determinazione per dotare il settore di uno strumento vitale per servizi innovativi e concorrenza leale. Il mondo intero vede i costruttori di auto attrezzature indipendenti italiani ed europei come modelli di innovazione e competitività che li ha resi leader di mercato a livello globale. In modo analogo sono i cittadini stessi che attraverso la loro crescente preferenza assegnano agli autoriparatori indipendenti la palma di migliori e più concorrenziali interpreti di servizi di qualità. Ci auguriamo che Bruxelles, peraltro solitamente attenta a queste problematiche, confermi presto le proprie intenzioni a protezione di un settore tanto vitale quanto strategico per tutta l’economia della Ue.





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