Condividi su
Ottobre 2018

Def 2019, manovra di bilancio in deficit: ecco cosa contiene e quali sono i dubbi dell’Unione europea

Matteo Prioschi

Per il prossimo anno il Governo italiano ha previsto un deficit pari al 2,4% con una crescita del Pil dell’1,5% dovuta alla ripresa delle esportazioni e degli investimenti.
Il percorso della manovra di bilancio di fine anno si sviluppa su due sentieri che si intersecano tra loro: quello del rapporto con la Commissione europea e quello dei contenuti. Sul primo fronte, le misure messe a punto dal Governo italiano hanno già causato una prima richiesta di chiarimenti con la lettera del vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis e del commissario agli affari monetari, Pierre Moscovici, e consegnata settimana scorsa al Ministro dell’economia e delle finanze, Giovanni Tria, a cui ha fatto seguito la risposta inviata lunedì 22 dal governo. Il confronto con l’Unione europea si basa sul rispetto degli obiettivi di riduzione del debito previsti e concordati in passato dall’Italia stessa. Per il 2019 è stato previsto un deficit, cioè un eccesso di spesa rispetto alle entrate, pari al 2,4% del prodotto interno lordo (Pil) rispetto all’1,2% previsto.
 
Questo a fronte di un debito pubblico che per l’Italia è pari al 130% del Pil, mentre secondo le regole europee si deve andare verso il 60%. Dunque, invece di creare ulteriore debito, la manovra di bilancio dovrebbe puntare a ridurlo, così come si dovrebbe rispettare il pareggio di bilancio, previsto anche dalla Costituzione italiana. Invece, questo il senso delle obiezioni della Commissione europea, si va in direzione opposta, e mentre il Consiglio europeo pone come obiettivo un miglioramento del saldo strutturale del bilancio, il Governo italiano decide una deviazione giudicata senza precedenti. L’Europa evidenzia inoltre che i conti del 2019 presentati dal governo si basano su un quadro macroeconomico che non è stato validato dall’Ufficio parlamentare di bilancio, organismo indipendente chiamato a valutare le previsioni. Dunque, non solo la manovra va in direzione opposta a quella auspicata in ambito continentale, ma si basa su prospettive di sviluppo economico non condivise e quindi gli effetti concreti potrebbero essere peggiori del previsto. In realtà la Nadef (nota di aggiornamento al documento di economia e finanza) è stata bocciata anche dalla Banca d’Italia e si basa su una previsione di crescita economica che contrasta anche con le elaborazioni effettuate dal Fondo monetario internazionale.
 
In buona sostanza si ipotizza che il prodotto interno lordo l’anno prossimo cresca dell’1,5% rispetto allo 0,9% previsto finora, proprio perché la manovra dovrebbe aiutare la crescita economica. Un effetto che, secondo il Governo, sarebbe determinato soprattutto da una consistente ripresa delle esportazioni e degli investimenti. Più ridotti i benefici determinati sul fronte dei consumi dal reddito di cittadinanza che peraltro, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, potrebbe dispiegare gli effetti solo nella seconda parte dell’anno, mentre per avere una crescita dell’1,5% lo scatto in avanti deve realizzarsi già nei primi mesi del 2019. Entrando poi nelle misure principali previste per la legge di bilancio, si vede come l’aumento del deficit derivi sostanzialmente da provvedimenti che non sostengono direttamente la crescita e gli investimenti. Il passaggio del deficit dall’1,2% al 2,4% è causato per 0,8% dal mancato aumento dell’Iva, previsto dalle precedenti manovre. Una scelta fatta per evitare di frenare i consumi. Tuttavia non è detto che questi crescano di conseguenza. L’altro 0,4% è correlato a diversi altri provvedimenti che saranno contenuti nella legge di bilancio. Entrando nel dettaglio, si vede che quest’ultima, che ha un valore di circa 33,5 miliardi di euro, destina 6,7 miliardi alla previdenza (con la possibilità di andare in pensione a 62 anni di età e 38 di contributi) e altrettanti al reddito di cittadinanza, che aiuterà le persone più in difficoltà. Ben poco viene riservato al sostegno degli investimenti privati (c’è per esempio il ridimensionamento degli aiuti per Industria 4.0) mentre per quelli pubblici sono previsti circa 3 miliardi. Si tratta quindi più di spesa corrente che di investimenti e misure per favorire lo sviluppo. Inoltre sul fronte delle entrate non si diminuisce la pressione fiscale complessiva.
 
Tornando al rapporto con l’Europa, nei giorni scorsi la Commissione europea ha contestato formalmente la manovra e chiedendo di modificarla non ritenendo sufficienti i i chiarimenti contenuti nella lettera spedita dal Governo italiano. Se il documento verrà approvato, entro il 31 dicembre, senza recepire le richieste della Commissione europea, si potrà aprire una procedura di infrazione con eventuali sanzioni, ma ciò richiederà mesi. Lo scollamento dalle indicazioni comunitarie, tuttavia, sta già facendo sentire gli effetti sui mercati finanziari perché l’Italia viene giudicata meno affidabile. La conseguenza è l’aumento dello spread e del tasso di interesse sui titoli di Stato che sono stati emessi di recente: i Bot con durata di 12 mesi ad aprile del 2018 avevano un rendimento negativo, cioè chi li comperava ci rimetteva soldi, mentre questo mese hanno sfiorato l’1% - il Btp a 7 anni è passato dall’1,27% di aprile al 3,28% di ottobre. Venerdì l’agenzia Moody’s ha declassato di un gradino il merito di credito dell’Italia, assegnando il livello appena sopra quello di “non investimento” raggiunto il quale molti investitori, in base a regole di prudenza, non potranno più acquistarli e quindi per lo Stato italiano diventerà difficile e molto costoso autofinanziarsi. Entro fine mese dovrebbe essere aggiornato anche il rating elaborato da Standard & Poor’s: nell’immediato i pericoli per i conti italiani arrivano più da questo fronte che da quello con la Commissione europea.



Sullo stesso tema



Non perdere nessun articolo del Blog Autopromotec! Iscriviti alla newsletter!

Iscriviti