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Dicembre - Gennaio 2023

Identificato in Svezia il più vasto giacimento di terre rare conosciuto in Europa

Francesca Del Bello

La scoperta potrebbe mettere in discussione il monopolio cinese su queste materie prime, elementi fondamentali della transizione verde e della digitalizzazione, garantendo all’Europa la sicurezza degli approvvigionamenti
Microchip, batterie – comprese quelle destinate ai veicoli elettrici, pannelli fotovoltaici, schermi e televisori, memoria dei computer, ma anche dispositivi ad alta tecnologia destinati all’industria della difesa e all’industria medica: sono queste alcune delle apparecchiature all’interno delle quali trovano applicazione le terre rare, elementi chimici definiti da più fonti i protagonisti dello sviluppo digitale della nostra epoca e della transizione energetica ed ecologica. Con il termine “terre rare” (Rare Earth Elements – REE) vengono identificati, secondo la definizione proposta dalla IUPAC - Unione Internazionale di Chimica Applicata, 17 metalli della tavola periodica: 15 lantanoidi, scandio e ittrio. Scoperte in successione fra la fine del 1700 e il 1900 (ad eccezione del promezio, creato artificialmente nel 1947), le terre rare si trovano in quantità relativamente abbondanti all’interno della crosta terrestre (alcuni di questi elementi sono più abbondanti, ad esempio, del rame e dell’oro). Ciò che ne definisce l’eccezionalità è la difficoltà di identificazione – le terre rare in natura si trovano sempre mescolate ad altri elementi - e, soprattutto, la complessità del processo di estrazione e lavorazione del minerale puro: ad essere “rari”, dunque, sono perlopiù i giacimenti abbastanza grandi da renderne profittevole l’estrazione. Estrazione che, inoltre, può portare con sé dei seri rischi ambientali, legati perlopiù al largo impiego di acidi nelle fasi di filtraggio durante l’estrazione, che genera grosse quantità di rifiuti tossici. Le più alte concentrazioni di metalli rari si trovano in Cina, Russia, Stati Uniti, Australia, Brasile, India, Malesia, Thailandia, Vietnam, Canada e Sudafrica: a farla da padrone, però, è la Cina che detiene circa un terzo di tutte le riserve ad oggi identificate e domina rispetto agli altri Stati nei processi di produzione ed estrazione – avendo in mano, di fatto, un vero e proprio monopolio, da cui dipende anche l’Europa.

Dalla Svezia, però, arriva una notizia che potrebbe – in un orizzonte temporale a medio termine – modificare gli attuali equilibri e ridimensionare il potere di Pechino sui preziosissimi elementi: LKAB, compagnia mineraria di proprietà del governo svedese, ha infatti annunciato di aver identificato il più vasto giacimento di terre rare finora conosciuto in Europa. “Una buona notizia”, commenta il presidente e amministratore delegato di LKAB Jan Moström, “non solo per LKAB e per la Svezia, ma per l’intera Europa e per il clima. Questo è il più grande giacimento di terre rare ad oggi conosciuto in questa parte del mondo, e potrebbe diventare un mattone importante nella produzione di materie prime critiche che sono fondamentali per la transizione verde.”

La strada verso l’autosufficienza europea nell’approvvigionamento di terre rare non è però così breve: il primo passo sarà quello di ottenere la concessione a procedere con l’esplorazione approfondita del giacimento, per valutarne le dimensioni e le condizioni di estrazione: di fatto, non si conosce ancora l’esatta dimensione del giacimento. Esplorazione che, da sola, richiederà diversi anni. Solo a quel punto sarà possibile chiedere il permesso per iniziare con le procedure di estrazione vere e proprie. “Se consideriamo come sono stati concessi altri permessi all’interno del nostro settore – prosegue Moström – passeranno ancora 10 o 15 anni prima di poter realmente iniziare a scavare e consegnare le materie prime al mercato. […] Dobbiamo modificare il processo per la concessione dei permessi, per assicurare sempre più attività estrattive di questo tipo di materie prime in Europa. L'accesso è oggi un fattore di rischio cruciale sia per la competitività dell'industria europea che per la transizione climatica". L’appello dei dirigenti di LKAB è rivolto dunque alle istituzioni europee, affinché intervengano per accelerare le procedure e permettere di intervenire sul giacimento nel minor tempo possibile.

Una posizione sostenuta anche da Ebba Busch, Ministro svedese dell’Energia, delle Imprese e dell’Industria: “L'elettrificazione, l'autosufficienza e l'indipendenza dell'UE da Russia e Cina inizieranno nella miniera. Dobbiamo rafforzare le catene del valore industriale in Europa e creare reali opportunità per l'elettrificazione delle nostre società. La politica deve dare all'industria le condizioni per passare a una produzione verde e senza fossili. Qui l'industria mineraria svedese ha molto da offrire.”





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