Condividi su
Gennaio 2018

L’auto vecchia rinasce elettrica. Ecco la prima filiera della rigenerazione

di Dino Collazzo

Il progetto Time dell’Università di Bologna e di alcune aziende della componentistica ha l’obiettivo di creare un indotto della “conversione”: dalla progettazione e produzione di un kit per la trasformazione fino a una rete d’officine per l’assistenza

Una seconda vita per la vecchia auto e un nuovo business per le officine e le aziende dell’automotive. A due anni dall’entrata in vigore del “decreto retrofit” (D.M.T. n 219 del primo dicembre 2015), che consente di convertire i veicoli a combustione interna in elettrici, l’Università di Bologna, insieme con un gruppo di imprese del settore della componentistica, ha gettato le basi per realizzare la prima “filiera della rigenerazione”. Dalla progettazione e produzione industriale del kit, che consente il cambio di alimentazione, fino a una rete di assistenza fatta di autofficine specializzate. Il progetto si chiama Time (Tecnologia integrata per la mobilità elettrica) e si basa su tre pilastri: innovazione, capacità di creare economie di scala e rispetto per l’ambiente.
 
Il compito di sviluppare tecnologicamente il sistema di powertrain, che andrà a sostituire il vecchio motore termico, è affidato all’Università. “Con un team di ricercatori stiamo lavorando al perfezionamento del sistema di accumulo e trazione, all’interfaccia uomo-veicolo, al sistema di condizionamento dell’abitacolo e a quello vehicle to internet per il monitoraggio e il controllo da remoto – dice Claudio Rossi, docente del dipartimento d’ingegneria dell’energia elettrica dell’università di Bologna, CIRI Meccanica Avanzata e Materiali –. Stiamo ultimando i test del primo kit a bordo di un veicolo e durante il 2018 partiremo con una prima pre-serie”. L’aspetto interessante del progetto, oltre all’innovazione, è rappresentato però dalla collaborazione tra il mondo accademico e quello industriale: allo scopo di creare una filiera legata alla conversione e ri-omologazione di vecchi veicoli. Infatti, mentre all’università spetta il compito dell’ideazione della tecnologia, le aziende coinvolte nel progetto sono chiamate a realizzare i componenti che formano il kit. La produzione su larga scala sarà affidata a una newco che fabbricherà i kit in serie. I quali saranno venduti alle autofficine interessate al lavoro di trasformazione, unitamente alla procedura che garantirà l’omologazione del veicolo. In pratica da un veicolo a fine ciclo – definito donatore – si elimina il motore termico, si recupera tutto ciò che è ancora in buono stato e s’installano i componenti elettrici necessari alla trasformazione. Con il risultato di ottenere un duplice vantaggio: contenimento dei costi, rispetto a un veicolo elettrico nuovo, e un significativo upgrade tecnologico rispetto al livello del veicolo donatore.
 “Ciò che facciamo – continua Rossi – è mettere a disposizione degli autoriparatori un sistema fatto di componenti, kit e procedure che consentono di porre sul mercato automobili elettriche a un costo inferiore rispetto a quanto possono fare le case automobilistiche sui veicoli nuovi. Con il risultato di creare un valore sia in ambito economico che ambientale: riduciamo la produzione di rifiuti e di emissioni nocive in atmosfera e offriamo agli autoriparatori nuove opportunità di business”. Le officine oltre a compiere le trasformazioni, dopo aver reperito auto vecchie sul mercato dell’usato, saranno anche in grado di fornire un’assistenza specializzata. “Il service è una parte importante del progetto Time. – precisa il professore –. Gestire la manutenzione, imparare a utilizzare specifici strumenti di diagnosi e arricchire le proprie conoscenze in ambito elettronico e informatico sono aspetti fondamentali. L’obiettivo è mettere l’autoriparatore nella condizione di potersi occupare anche della parte relativa all’assistenza post conversione”.
 
La vera incognita, per lo sviluppo del progetto Time, è rappresentata però dalla scarsa penetrazione dell’alimentazione elettrica nel mercato auto italiano. Rispetto al resto d’Europa, in Italia il numero di vetture a batterie è il più basso. Ciò è dovuto sia ai costi ancora troppo alti dei veicoli sia alla carenza di infrastrutture adeguate. Stando ai dati Anfia, nel 2017 – anno in cui sono state immatricolate 1 milione e 970 mila vetture – ogni diecimila automobili vendute solo 10 sono elettriche. Eppure, il potenziale c’è tutto. Specie se si pensa che nel nostro Paese abbiamo il parco circolante più vecchio del continente. È qui che si trova il “carburante” necessario per alimentare la nascente industria della conversione e ri-omologazione dei vecchi veicoli. “Nelle nostre previsioni pensiamo che il mercato più profittevole, almeno in questo momento, è rappresentato dalle flotte delle aziende e delle pubbliche amministrazioni – precisa Rossi –. Queste ultime necessitano di cambiare il parco auto e noi, per il tramite di agenzie ad hoc, offriamo una soluzione capace di far risparmiare”.




Sullo stesso tema



Non perdere nessun articolo del Blog Autopromotec! Iscriviti alla newsletter!

Iscriviti

Potrebbe interessarti anche